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venerdì 2 ottobre 2015

Il lavoro nobilita

Il lavoro nobilita, non si discute.
Non è che nutrissi dubbi, in verità, ma le conferme dirompenti mi hanno persuasa a mettere un punto scritto. In tutto il bailamme della disoccupazione, della disperata mobilità, dei giovani con l’incognita del primo impiego, delle attività a rischio chiusura che fanno vacillare le sorti degli occupati mi sono arrivati forti e chiari puri i segnali del decadimento umano, morale, culturale, di quella deriva smidollata e vergognosa che davvero fa inorridire.
Inutile negare. Il menefreghismo, il fancazzismo dilagante, la mancanza di professionalità, il pressappochismo, l’indolenza sono talmente diffusi, irritanti, miserabili, dannosi che verrebbe da proporre uno scambio immediato: sostituire prontamente gli inetti, gli ingrati, i lamentosi, i fannulloni, gli improvvisati con i volenterosi, abili, bisognosi, zelanti che sono a casa o in lista d’attesa.
Ma è qui che scatta il dramma. E’ la soglia del posto di lavoro che cambia i connotati. Chi la varca sembra in diritto di avanzare ogni sorta di comoda pretesa senza nulla avere da dimostrare, fare, muovere.
Nel lassismo delle polemiche, delle ricette, delle ipotesi il caos ha preso il sopravvento e troppi si sono accomodati sulla loro stupidità, hanno abdicato alla dignità, all’orgoglio, all’entusiasmo, al senso del dovere, al rispetto.
Si sbandiera quella parola lì, dignità, solo in proprio difesa, per erigere barricate, per non mettere il naso fuori dal mansionario, per abbaiare contro chiunque attenti alla ‘certezza’ della busta paga a fine mese. La si dimentica e la si calpesta invece, tutte le volte che significherebbe comportarsi correttamente e seriamente, portare avanti a testa alta le proprie conoscenze e abilità, avere a cuore il buon andamento di qualcosa.
Ma in quale grottesca trappola ci siamo infilati?
Forse vagheggia in noi qualche bislacca idea di furbizia o di pigrizia, non so.
A me pare un’idiozia pericolosa, orribile, disgustosa.
Il lavoro non è tutto. Io odio la banalità devastante, pretestuosa, fuorviante, di questa espressione. Certo che non è tutto. E allora?
Il lavoro è una nostra dimensione. All’opera manifestiamo di che pasta siamo fatti. Cosa c’è da aggiungere, da togliere, da spiegare?
Non è questione di fare gli idraulici, gli ingegneri, gli impiegati dell’asl. Quale che siano i nostri ruoli, compiti, ambiti, abbiamo la decenza, la voglia, la forza, la coscienza per adempiere pienamente ciò a cui siamo chiamati?
Chissà se, come, quanto dialogano occupati e inoccupati e cosa davvero si dicono. Chissà cosa circola in questa società che emana cattivo odore e scarso onore. Chissà dove finiremo, tutti quanti, se ciascun onesto e preparato non comincerà a far notare, e a pretendere che si notino, le differenze.

Il lavoro nobilita…gli spiriti nobili.

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