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giovedì 16 maggio 2013

Riconoscere le cose


Io ho tanto bisogno di compagnia quanto di solitudine. Amo il rumore quanto posso amare il silenzio. Salvo speciali affinità, se desidero toccare davvero qualcosa devo essere sola.
Che senso ha mescolare mille sensazioni senza che nessuna abbia spazio per essere goduta davvero?
Non siamo fatti per vivere in un momento solo tanti momenti. Il pensiero chiede devozione. D’altra parte rispettiamo le cose quando rispettiamo noi stessi, quando ci diamo il tempo di una relazione con loro, quando smettiamo di arruffare parole e gesti, quando non infiliamo la vita in un calderone.
Se mai un momento può condensare così tante emozioni e occasioni da valerne dieci o cento o diecimila. Ecco, per accorgercene dobbiamo esserci dentro tutti interi.
E poi, diciamolo, c’è un’intimità della scoperta che non possiamo in alcun modo raggiungere se non ci troviamo sperduti e muti…
Ci sono energie che sprigioniamo o catturiamo solo così, nel buio assorto, nella campagna desolata, sulla spiaggia deserta, in cima alla montagna silente. Specie se camminiamo, scaricando sulla fatica le tensioni, ci allontaniamo dalla smania di mescolare brividi e risate, prendiamo le distanze dalla tentazione di stritolare tutto nella superficialità.
Capire le cose è molto più che incontrarle. Per questo dobbiamo dedicare loro molto più di uno sguardo.
E per questo “Soltanto solo, sperduto, muto, a piedi, riesco a riconoscere le cose” (Pier Paolo Pasolini).

4 commenti:

  1. Perché la tentazione di sfiorare qualunque cosa ci passa di fronte è spesso assolutamente irresistibile. Anche quando la quantità ci travolge cerchiamo comunque, sempre, incessantemente "di non perdere nulla"... perché domani potrebbe non esserci più e potremmo sentirne la mancanza, perché abbiamo vissuto in ere storiche o fasi della vita dove anche l'abbondanza di momenti da ricordare era rara.

    In un certo senso, l'abbondanza di momenti diventa più importante dei momenti in se, la superficialità un prezzo pagabile. Come l'abbuffata alla taverna, le quaranta diverse parti di un fritto misto rispetto al singolo piatto di una cena intima, il singolo bicchiere di birra artigianale rispetto al litro di bionda da spillatore fieristico, lo stomaco e l'anima.

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  2. Eh si Chris, bellissime riflessioni le tue. Tutto sommato anche cercare "di non perdere nulla" è umano. Peccato che talvolta ci travolga a tal punto da farci perdere quasi tutto perché più che vivere momenti li consumiamo...proprio come la birra scolata e non gustata ;)

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  3. Beata solitudo, sola beatitudo... la capacità di stare con gli altri, di riconoscerli e comprenderli, è possibile solo se prima si è capaci di essere soli.

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