Se
a qualcuno sfugge la citazione che corra subito a colmare la lacuna: il
Maestro, Richard Bach, è una lezione vivente che nessuno dovrebbe permettersi
di perdere!
Io
adoro il volo di Bach, quello vero e quello metaforico. La vita è tutta lì,
nell’essenza di un viaggio senza inizio e fine, di un’avventura senza tempo e
posto. Nel desiderio e nella realtà. In quella luce del pensiero che ti
consegna all’ovunque, che ti fa andare oltre, che ti fa incontrare l’infinito. Nella
libertà di essere, finalmente fuori dall’angusto limite della tua appartenenza.
Quando
capisci di avere le ali esattamente come Falco, Aquila, Colibrì o Gufo sei già
altrove, meravigliosamente altrove, qui e là, nel mezzo della festa, quella
dell’anima. Senza il lacciuolo dell’abitudine che si ripete, del confine che ti
opprime la vista, della strada che ti detta il passo.
Quanta
ebbrezza nel salto! E nella scoperta del cielo, magari con l’amico Jonathan. Dei
respiri che corrono. Degli occhi che guardano. Tutte le meraviglie a
volteggiare nell’aria, tutti i profumi ad accarezzare la pelle, tutte le
musiche a solleticarti il corpo.
Spazio
mentale, dice la signora Lia, che ti consegna una dimensione allargata,
ovviamente. Certo, è questione di percezioni. Non puoi sognare davvero quello
che neanche sai esistere…
Taluni
però, diciamolo, difettano in volontà oltre che in fantasia. Non vanno ad
annusare quello che c’è al di là del loro cortile e non aggiornano il
calendario neanche se gliene arriva uno nuovo in dono. Non solo. Trovano sia
virtù la loro frontiera.
Devo
comunque convenire con la signora Lia: la fortuna piove dall’alto. Ci devi
nascere, con le antenne. Già.
Ringrazio
la pioggia.
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